Il momento che vorrei ricordare non è legato a un singolo giorno, ma a un campo intero, il mio penultimo campo in reparto 2011. Abbiamo vissuto dieci giorni intensissimi con una squadriglia in svantaggio numerico rispetto alle altre, eravamo in quattro. La cosa che mi ha colpito è stata la continua evoluzione che nei primi giorni ha sconvolto la nostra squadriglia. Il nostro novizio era in realtà al secondo anno, ma non aveva mai fatto un campo e il suo carattere non era certo dei migliori. Non era rispettoso, maleducato, svogliato e con nessuna voglia di imparare. Ma il bello dello scout è che ti trascinano, e lo stesso è successo a quel ragazzo, con un enorme impegno da aprte del capo e del vice. Ultimo giorno, eravamo primi, sfatando ogni pronostico. Era notte, il mio capo mi sveglia, mi dice: abbiamo perso il campo, mi hanno trovato in tenda con una ragazza. Io ero affranto e arrabbiato e lo sono stato fino al giorno dopo. Dopo fatica e dolore, dopo la forza che il tuo capo ti ha impresso, ti vedi crollare tutto addosso. Ma durante la messa di chiusra del nostro campo un nostro capo reparto ha letto un passo di BP: gli scout sanno trovare il 5% di buono anche nella fatalità, e godono anche di questa piccola parte. Ciò ha cambiato la mia visione. Non era importante vincere il campo, ma viverlo da scout lasciando il mondo, e in questo caso il nostro novizio, migliore di come l’avevamo trovato.