Era l’estate di due anni fa, partimmo con il clan in direzione stazione di Forlì, muniti di biciclette. Molti erano scettici all’idea di dover stare in sella per sette giorni, ma anche i meno convinti partirono, su decisione dell’intero clan. Il viaggio della speranza lo chiamavamo, 9 ore di treno, insonni, in piedi tra i vagoni, per arrivare a Monaco, per poi cambiare e arrivare a destinazione, Passau. Da lì avremmo dovuto percorrere il Danubio fino a Vienna. Già gli inizi non furono dei migliori, al primo giorno una bici si era già rotta. Ma non ci facemmo prendere dallo sconforto e andammo avanti per il nostro cammino. Tra Tour de France, bagni nel Danubio, occhiali rotti, piedi puzzolenti, karma per sfatare le sfighe innumerevoli, partenze di componenti del clan, arrivammo a fine route. Ma il bello deve ancora venire. Arrivati in stazione, scoprimmo che non potevamo portare sul treno le bici, come nel viaggio di andata, e le dovemmo smontare tutte, e come facchini caricarle, imballate, nelle carrozze. Beh, ora io non so dirvi perché in questa esperienza mi sia sentita così coinvolta e trasportata, probabilmente è stato merito dei compagni di viaggio, si può andare molto lontano con la compagnia giusta.