Mi sono sentita in armonia con tutti e tutto.
2.Il primo giorno di campo è, e deve essere, un momento di pace e tranquillità; e così è stato quel giorno.
3.In quel momento mi sentivo in pace con me stessa, libera da ogni pensiero.
In concomitanza con l’equilibrio che si è instaurato quella notte, la pace secondo me è stata sia la causa che l’effetto di quella veglia…Come un vortice che ci ha circoscritti in un’idea univoca, io e il mio reparto ci siamo sentiti in sintonia.
Ti permette di riflettere e mi ha dato un momento di relax dalla vita di squadriglia, che quell’anno era particolarmente pesante.
La suggestione dei colori, odori, ambienti, mi ha coinvolto molto e trasportato durante l’avventura.
2.Strettamente collegato alla vista, alla vista di quel monte sublime che inevitabilmente ti coinvolge e ti porta giù giù fino al mare. Meraviglia.
3.E’ stato il luogo in cui abbiamo fatto strada come un noviziato unito e lieto di stare insieme.
Stavo molto intirizzito.
2.Eravamo in una situazione di panico, e questo ci ha reso più uniti.
La ricompensa dopo la fatica.
2.Mi sospingeva sempre al raggiungimento del mio scopo che era la cima.
3.Guardare Assisi dall’alto di notte o dopo pranzo era un’esperienza unica.
Sono state parole profonde e molto importanti per me, alle quali non credevo allora e a cui faccio fatica a credere ancora adesso.
Se non ti senti parte di un gruppo è impossibile vivere emozioni, avventure così forti e importanti.
C’è bisogno di volersi sempre mettere in gioco, di collaborare, di essere parte del gruppo e di fare la propria parte. Senza la partecipazione non ci sarebbe questa esperienza perché mancherebbe l’ingrediente più importante.
2.E’ proprio grazie alla partecipazione che sono riuscito a sbloccarmi, ad abbassare le barriere e non restare chiuso nella mia scatola.
3.Senza partecipazione non si va da nessuna.
E’ il punto di partenza: “libertà è partecipazione”, nel senso di “prendere parte”, e quindi “essere parte” con i diritti e i doveri che ne conseguono. È la base per l’esistenza e l’edificazione di qualsiasi bene: qui ci si mette a servizio.
2.Serve per cogliere a pieno tutti i momenti del servizio.
Partecipando al Jamboree 2011ho vissuto esperienze uniche e irripetibili che mi hanno regalato emozioni e sensazioni che sono diventate alcune delle basi dei miei ideali e dei miei valori.
Mi sono rivista piccola il giorno della mia promessa e mi ha fatto capire l’importanza del mio cammino scout.
E’ ciò a cui mi sono inconsciamente preparato per tutti questi indimenticabili addii.
Attraverso questo passaggio ho capito di non aver concluso il mio cammino e di avere ancora molto da imparare.
Scoprire una passione da coltivare e provare a far bene ciò che vedo rende soddisfatte le persone intorno a me.
Il fatto che ci fosse della musica che a me piaceva molto mi ha aiutata ad immergermi nell’attività e ad andare fino in fondo.
Se alla base non c’è la passione, l’esperienza non può essere gratificante.
2.La passione è il motore che ci muove.
3.Passione per lo scoutismo, e passione per gli altri, i fratelli di clan, passione per le piccole cose, che sono le più grandi.
E’ stato il collante per il clan in quel momento.
2.In contrasto con la gioia del momento era l’elemento fondamentale che riempiva quei pochi attimi.
3.La situazione ha portato al panico generale.
La prima cosa che ho notato è che ero sola ma che fondamentalmente era solo una sensazione poiché intorno a me c’era il mondo.
Se non ne avessimo avuta difficilmente avremmo potuto vivere il campo in modo positivo.
Senza di questa non saremmo durati una settimana.
2.Ho avuto la pazienza di mantenere il controllo della barca e di stare vicino e di sostenere i due ragazzi disabili che erano con me.
3.Provate a combattere voi con degli affamati! Uhu!.
Ripenso al percorso fatto e penso a quanta strada ho ancora da fare.
2.Mi ha fatto maturare e crescere.
Perché eravamo davvero motivati e anche nei momenti di debolezza siamo riusciti nel nostro intento.
2.Non abbandonare le proprie convinzioni ma continuare a provare.
3.Mi ha permesso di andare oltre agli ostacoli senza arrendermi.
Facevano in modo che io dessi il massimo di me stesso e mi davano la consapevolezza che stavo costruendo qualcosa non solo per me ma per qualcun altro.
2.E’ con loro che vai avanti. A volte è bene camminare soli ma in questo caso, senza le persone che avevamo accanto a motivarci, senza la loro compagnia, forse non saremmo arrivati in fondo. Sicuramente saremmo arrivati con uno spirito diverso. Condividere con loro l’arrivo e la meta ha tutto un altro sapore.
3.Sono quelle con cui ho cominciato ad avvicinarmi a questo mondo e che mi hanno fatto sentire accettato fin da subito.
E’ anche con l’aiuto che a volte ho dato a chi ne aveva bisogno che ho potuto conoscere meglio le persone.
Questo momento era stato pianificato cinque mesi prima perché tutti avevano messo del proprio impegno per la realizzazione.
Anche se viene calpestato, sporcato da tutti e sempre forte uguale e non cede mai di solidità.
Noi, inteso come singoli, siamo una piccolissima parte di quello che ci circonda.
Proprio grazie ad un contrattempo è stato possibile “improvvisare” una giornata indimenticabile.
2.E’ ciò che ha causato il tutto.
3.Ha reso la route “avventurosa” nonostante la difficoltà.
Non sono stati la mozzarella e il pomodoro a rendere quel pranzo speciale, ma il fatto che era la conclusione del nostro percorso di cammino.
Ci ha permesso di tenere viva la discussione in quanto, se fossimo stati tutti della stessa opinione, sarebbe morta subito.
Altrimenti non avrei mai potuto raggiungere il nostro obiettivo.
2.“un sorriso fa fare il doppio della strada di un brontolio”, diceva B.P. Se non avessi vissuto l’avventura in maniera positiva dall’inizio, probabilmente non sarebbe stata la stessa cosa.
3.Eravamo felici nonostante il risultato finale.
Aver avuto la possibilità di partecipare al campo estivo, perché c’era anche la possibilità di non esserci al campo.
2.Possibilità che ho avuto nell’andare al Jamboree è veramente rara.
Se fosse stato un altro luogo non sarebbe stato lo stesso. Un po’ anche per la suggestione e la bellezza visiva.
2.Era un bellissimo posto in mezzo alla natura.
3.Questo luogo (il Portogallo), mai visitato, ha contribuito a dare un’atmosfera di novità e freschezza all’esperienza scout.
Nel vivere tutto questo ho scoperto un mondo nuovo, semplice e altrettanto personale di pregare.
2.E’ stata un luogo dove sentirsi più vicino alla preghiera.
3.Dal papa abbiamo pregato ed eravamo molto uniti.
Ha fatto si che mi aspettassi un’esperienza negativa al 100%.
2.Ero partita sapendo che non mi sarei divertita e sarei stata a disagio.
Era la mia prima esperienza senza un punto di riferimento, dovevo gestire io la situazione.
In vista dell’imminente route nazionale la possibilità di portarsi avanti nella conoscenza di altre realtà di clan è sicuramente un’occasione da non perdere, anche perché, discostarsi un po’ dalla realtà regionale e locale non può ch fare bene alla preparazione fisica e morale che si andrà ad affrontare ad agosto in quel di san rossore.
Fa emergere la prima nuova esperienza che ho fatto nel clan e anche se non ero più nel contesto “sto solo con il mio gruppo”, ma sono entrata in quello “conosco nuova gente e mi diverto lo stesso!”.
Probabilmente è stato tanto speciale perché era la prima esperienza di clan con così tante persone.
Ha permesso di vivere al meglio la scelta di intraprendere la “vita” scoutistica.
2.Era la prima volta che avevo costruito una sopraelevata.
3.Se avessi saputo a cosa andavo incontro non mi avrebbe stupito così tanto.
Intensa e varia, mi ha permesso di scoprire realtà particolari che non conoscevo.
E’ stata la prima route e, nello specifico, route di strada. L’aspettativa per il nuovo tipo di esperienza era tanta e al contempo, nei giorni di route, era grande la gioia e l’allegria nello stare insieme.
2.E’ stata la prima volta che abbiamo camminato ininterrottamente per una settimana ed è stato importante perché la prima volta è sempre speciale.
3.Mi ha fatto capire qual è la vera essenza di fare strada.
Se avessi avuto già esperienza l’avrei assimilata alle altre senza darle troppo peso.
2.Non sapevo cosa aspettarmi, ma mi aspettavo qualcosa di entusiasmante.
Il fatto di averli, ma di lasciarli fuori da questo momento ha reso tutto più speciale.
Se ci fosse stato qualcos’altro di più urgente da fare non si sarebbe potuta creare quell’atmosfera di sereno divertimento senza fretta.
Senza esserci fatti un “programma” mentale non avremmo combinato niente in quel giorno.
Ciascuno di noi ha scelto di essere scout promettendo di fare del proprio meglio per essere messaggero di pace.
2.Importanza del momento.
3.Il soggetto principale del mio racconto. Un momento importantissimo perché ufficializza il mio essere scout.
Saper accogliere esperienze e situazioni in modo profondo e non fermarsi alla superficialità.
Non è tanto il cosa si fa ma il come e il con chi. Anche facendo le peggio vaccate, anche fermi a chiacchierare, il gruppo degli scout emana un’energia serena, pura e coinvolgente.
Il fatto di sapere perfettamente il proprio compito, di avere qualcuno che conta sulle nostre capacità e sul nostro supporto.
Con elementi studiati apposta sul mio cammino personale sono riuscito a vivere l’esperienza in modo unico e personale.
Alla fine essere “più grandi” comporta quella giusta maturità per affrontare esperienze più difficili, intricate e soprattutto comporta mettersi al servizio dei più piccoli e proteggerli dallo sconosciuto, dal pericoloso, dall’ignoto, e perciò prendersi cura di loro.
2.Essendo tra i più piccoli del reparto ero aiuta ed affiancata perché mi si doveva accompagnare nel viaggio della scoperta.
Sono tendenzialmente insicuro. Il gruppo degli scout mi mette a contatto con persone che condividono ideali, vissuti e valori simili…mi ci sento in affinità: questo mi è capitato anche in Ross e ai campi di competenza dove riuscivamo a creare un gruppo affiatato in frettissima, accomunati da esperienze e valori comuni. Un gruppo dunque che non mi giudica, in cui mi ritrovo, a cui mi sento vicina.
Mi sono messo in gioco nonostante fossi giù di morale e provando ho avuto buoni risultati.
Mi facevano sentire a mio agio e mi spronavano a battermi nelle situazioni che non mi entusiasmavano.
Mi ha fatto capire quanto io sia piccola, ma anche quanto possa essere importante.
Fermarsi, guardarsi indietro e scrivere che cosa mi hanno lasciato gli anni del mio percorso scout non è stato semplice per poi rendermi conto che era solo l’inizio di un’altra tappa.
Quello “stupidissimo” foglio sarebbe stato il momento e lo strumento per conoscere gli altri e verificare me stessa.
A volte, anzi la maggior parte delle volte, non puoi affrontare tutto da sola e hai bisogno di un punto fermo che io in quell’occasione ho trovato in un capo.